Non sono mai stato un acceso simpatizzante dei supereroi, specie quelli in costume, in pratica tutta la categoria delle famose case americane di fumetti che hanno avuto l’onore della trasposizione cinematografica, a volte con sorprendenti successi e, oltre ad incassi favolosi, anche un buon riconoscimento dalla critica come ad esempio gli ultimi due Batman: Batman Begins (C. Nolan, 2005) e Il Cavaliere Oscuro (C. Nolan, 2008) quest’ultimo con la struggente, per così dire, interpretazione dell’antagonista Jocker affidata al compianto Heath Ledger, addirittura in odore di Oscar postumo.
Da appassionato di fantascienza (e mi è sembrato giusto aprire in questo modo la sezione), non credo che nella realtà tutto questo potrebbe funzionare, ci sono in giro già troppe maschere, inoltre sarebbe cosa più vicina alla fantasia, quella vera, e gli eroi dovrebbero mestamente ritirarsi a vita privata e come qualcuno ha detto: «se ne starebbero seduti sul divano in t-shirt e ciabatte, con una birra in mano a guardare la tv…».
Ultimamente però, il cinema sta proponendo tutta una serie di super-anti-eroi, dotati di particolari superpoteri che, in un certo senso, sembrano funzionare più degli altri. Senza andare troppo indietro nel tempo (Unbreakable di M. N. Shyamalan è del 2000), proprio quest’anno sono usciti due film con protagonisti super eroi per così dire diversi.
Anche se hanno sempre un passato oscuro e il loro tormento è figlio di precedenti catastrofi personali, essi, lungo il dipanarsi della vicenda riescono a riscattarsi solo in parte e sono costretti anche dopo la consacrazione da parte dei cittadini, addirittura a restare nascosti o fuggire per salvare chi gli sta più a cuore.
È il caso di Jumper (D. Liman) dove il protagonista, capace di teletrasportarsi in ogni luogo della Terra solo con la forza del pensiero, riuscendo così nella stessa giornata a fare colazione sulla testa della sfinge ed a surfare alle isole Fiji, è braccato da una sorta di confraternita segreta, i Paladini, che danno la caccia ai Saltatori da millenni: ladro di banche, per permettersi una vita agiata, scoprirà che dovrà difendersi anche dalla donna che lo ha messo al mondo, cosa che gli verrà rivelata dalla madre stessa (Paladina anche lei) che fu costretta a lasciarlo in tenera età, per non ucciderlo.
In Hancock (P. Berg) con un sempre bravo Will Smith, la situazione è un po’ diversa: dedito all’alcool ed a combinare troppi guai rispetto a quanto direttamente o indirettamente richiesto per salvare il malcapitato di turno, è costretto, suo malgrado, a rinunciare alla donna che ama per salvare la vita ad entrambi in uno dei finali più drammatici e sorprendenti; inaspettati in un’opera che dovrebbe rilassare più che interrogare lo spettatore.
Ed è questo il punto ed il nocciolo della questione. Vi starete chiedendo, ma tutto questo cosa centra con il conoscere per credere?
È presto detto. Anche se strutturalmente i film con i super eroi (in calzamaglia o meno) sono sostanzialmente simili, dal misconoscimento iniziale fino all’esaltazione finale, dove l’uso degli effetti speciali e della computer grafica, sebbene sempre più spinta verso orizzonti inesplorati, riesce ad essere parte integrante della trama, è proprio in essa e nei concetti palesemente o velatamente espressi che si nota la differenza con i film del recente passato.
Come abbiamo visto, in Jumper si parla di teletrasporto, addirittura senza l’uso di fantascientifici macchinari, ma anche di concetti espressi con termini più scientifici come portali dimensionali e wormhole da alcuni anni oggetto di studio da parte di numerosi scienziati che, nella finzione scenica, spingono al massimo i loro esperimenti come succede in X-Files I want to believe (C. Carter, 2008), e ancora confraternite segrete, segreti strenuamente nascosti e difesi, antiche leggende che fanno da filo conduttore con Hancock dove la magia cammina di pari passo con la scienza e la religione (cfr. Malanga pensiero).
Quindi testi sacri, Bibbia compresa, ma anche immortalità ed esperimenti forse eseguiti in un lontanissimo passato, ormai dimenticato, «quando gli dei camminavano sulla Terra»(http://alieniemisteri.altervista.org/ufo_nella_bibbia.htm).
Tutto ciò, e chiudo, porta alla morale finale e alla classica domanda che è la molla che spinge i ricercatori di frontiera ad andare avanti, domanda che è il bagaglio di chi con intelligenza viene, al cospetto di tali concetti, assalito dal dubbio, domanda, infine, già espressa da molti in vari modi: «se tutte queste cose non esistono, saremmo, solo con l’uso della creatività, veramente in grado di descriverle?».
Previous Post
Next Post