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Alien Romulus

Ricordo ancora, a distanza di molti anni -da ragazzo, quando vidi l’Alien primigenio, il cult di Ridley Scott, la prima volta in tv. La musica «atonale», ancora oggi ansiogena e disorientante; il logo (title design), che appare poco alla volta, stanghetta dopo stanghetta, fino a formare il titolo, e l’intera parola che, per gli appassionati rappresenta la summa di tutto l’orrore che in esso è contenuto, ma anche la meraviglia, il sense of wonder che caratterizza tutti i film di Fantascienza.
In un altro post, ho parlato diffusamente della saga che consta di 5 film, questo compreso, di due prequel e di due crossover, con l’altra grande minaccia dell’universo fantascientifico: Predator.
Tornando alla mia prima visione, rammento soprattutto l’adrenalina che saliva, la soggettiva -che portava ad immaginare di essere lì, nell’astronave immacolata, asettica, poi diventata «il buio antro entro cui il male risiede», e la curiosità mista alla spasmodica attesa: in che modo si sarebbe mostrato l’Alien?
Ora immaginate una sorta di «ultima cena»(1), in un enorme vascello spaziale commerciale, in una regione sconosciuta nello spazio profondo, «La prima cosa che farò quando tornerò sulla Terra, è di mangiare un piatto delle mie parti…», sono le ultime parole di J. Hurt/Kane, prima che il baby Alien gli squarciasse il petto, sotto lo sguardo che è difficile definire, dei suoi sventurati compagni di viaggio. Una scena entrata di diritto tra le più horror del cinema di FS: terrorizzante, spaventosa, incredibile; mi ci volle un buon cordiale per riprendermi. A dirla tutta, R. Scott (in Romulus solo produttore), ha svelato in seguito che in realtà, gli altri attori non sapevano bene quello che sarebbe successo nella scena madre, per aumentarne maggiormente il realismo: missione compiuta. Anche se poi, con l’avvento della CGI, nei due prequel Prometheus (2012) e Covenant (2017), l’Alien trova altre vie per venire al mondo, in un tripudio splatter.
Con gli anni, mai avrei pensato di passare, da semplice spettatore, ad occuparmi, con tanta passione, di cinema di fantascienza: destino? O più semplicemente vita?.. E, di fatti «La vita và verso la vita», l’essenza stessa della fantascienza, è in realtà una delle tagline del film Mission to Mars (B. De Palma, 2000) che è anche una delle prime recensioni che scrissi sulla rivista Stargate, per chi la ricorda, un film dal finale bellissimo, sorprendente, evocativo. Qui, nel film di Fede Alvarez (La casa, 2013) la tagline è: «Erano in cerca di nuova vita, l’hanno trovata e lei ha trovato loro!». Ed è quel lei ha trovato loro, ma sarebbe stato meglio identificarla con “essa”, vista la natura “xeno”(2) della creatura, che richiama, di conseguenza, la stessa paura alla visione del film uscito nell’ormai lontano 1979.
Non ci sono attori famosi -forse lo diventeranno, ma tutte giovani promesse, alcuni con discrete esperienze alle spalle, forse Alvarez vuole dirci che essendo giovani sono meno pronti a morire? Quindi adatti a contrastare la più seria minaccia, alla specie umana, proveniente dallo spazio? Primo Alien prodotto dalla Disney, un midquel ambientato tra i primi due film e solo 20 anni dopo il primo, cioè nel 2142. La pellicola, ricorda in più punti i precedenti capitoli, come una sorta di tributo: l’inizio con le luci e i computer che si avviano, Alien, con tanto di androide con le fattezze, ringiovanite dell’ufficiale scientifico Ash (l’attore I. Holm), il suo mezzo busto e i ragazzi armati, i Marines di Aliens-Scontro finale (J. Cameron, 1986); Alien3 (D. Fincher, 1992), perché ambientato in una stazione spaziale abbandonata, come il pianeta prigione (Fury 161) e Alien-La Clonazione (J.P. Jeunet, 1997) nel finale, con la nascita dell’ibrido umano alieno. La protagonista, inoltre è fin troppo simile, in alcuni tratti, al tenente Ripley (S. Weaver), dialoghi e ultima registrazione audio compresi. Due i punti, in un certo senso, più originali rispetto ai contenuti dei film che l’hanno preceduto. Alvarez ha cercato di creare un mondo, che è la colonia dove vivono i ragazzi, un mondo però dove non c’è mai la luce del sole, un mondo multirazziale, caotico, oscuro, accostarlo alla Los Angeles di Blade Runner, non credo sia azzardato. Non solo, ma i ragazzi provano emozioni, emozioni vere, sono quasi empatici: Rain (C. Spaeny) -anche in questo capitolo l’eroe è donna, ama come un fratello il suo androide, nulla a che vedere, quindi con l’equipaggio della Nostromo, sebbene multietnico, ma roso da contrasti interni, i Marines di Scontro Finale, i prigionieri di Fury… ecc. anche se il piccolo gruppo combatte strenuamente, sia come i militari, che come lo scaltro equipaggio della Betty, nel quarto capitolo. E se la nave spaziale militare, dove vennero condotti esperimenti di clonazione (Ripley clonata ben otto volte!), è simile sia alla Renaissance e ad una sorta di Deep Space Nine (Star Trek), ma abbandonata, divisa in due sezioni, la Romulus (dove si trovano i facehugger), e Remus, dove venivano condotti esperimenti genetici, con tanto di bassorilievo sulla porta d’ingresso, raffigurante i due piccoli allattati dalla lupa.
Gli scienziati della stazione, ormai un relitto avviato alla distruzione, hanno estratto dagli xenomorfi un «fluido sperimentale» lo «Z-01», o «ceppo Prometheus» così come lo chiama Rook, l’androide malridotto riavviato dai ragazzi, quando penetrano nel cuore della stazione stessa. Ecco svelato, ancora una volta, l’intento segreto della Weyland Yutani, la famigerata Compagnia, l’ombra minacciosa sull’intera saga, per dare all’uomo le caratteristiche degli alieni e la loro capacità di vivere soprattutto in condizioni estreme: l’ultimo atto(?), sul quale ritorneremo visto il collegamento con Prometheus e sul suo dono (il Fuoco di Prometeo), qui nella sua visione estrema, la mutazione genetica, evidentemente per creare un «super soldato» (X-Files), l’arma biologica perfetta. «La verità è là fuori», ma là fuori, nello spazio profondo, nessuno può sentirti urlare.

 

Note:

1.https://www.fantascienza.com/22224/alien-covenant-ecco-l-ultima-cena
2.https://it.wikipedia.org/wiki/Xenomorfo

AltreFonti:

https://www.fantascienza.com/30084/ultimo-trailer-per-alien-romulus-l-horror-fantascientifico-in-arrivo-ad-agosto
https://www.fantascienza.com/28685/alien-c-e-il-cast-e-si-parte-con-le-riprese
https://www.fantascienza.com/28381/alien-i-primi-dettagli-sul-nuovo-film
https://www.fantascienza.com/28938/alien-romulus-i-nuovi-dettagli-sul-prossimo-capitolo-della-saga
https://www.comingsoon.it/cinema/news/alien-romulus-il-regista-motiva-la-scelta-di-un-cast-giovane-sono-piu/n185362/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/alien-ridley-scott-voleva-un-finale-completamente-diverso-e-raccapricciante/n185355/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/i-facehugger-sono-tornati-l-agghiacciante-trailer-italiano-di-alien-romulus/n185562/
https://www.mymovies.it/film/2024/alien-romulus/
https://it.wikipedia.org/wiki/Alien:_Romulus
https://www.comingsoon.it/film/alien-romulus/63277/scheda/#curiosita-su-alien-romulus
https://www.bestmovie.it/news/alien-romulus-loscuro-motivo-per-cui-gli-attori-protagonisti-dovevano-essere-giovani/901698/
https://movieplayer.it/news/alien-romulus-prime-reazioni-positive-alien-migliore-james-cameron_145525/
https://it.wikipedia.org/wiki/Alien

credit:

https://www.mymovies.it/film/2024/alien-romulus/poster/0/

Covenant e l’universo di Alien

È finalmente uscito nelle sale, dopo un’importante battage mediatico il film Alien Covenant, ancora diretto da Ridley Scott. In rete, troverete un’interessante prologo di congiunzione, di quasi tre minuti, per spiegare cosa hanno fatto nel frattempo i protagonisti di Prometheus, l’androide David/M. Fassbender e la dottoressa E. Shaw/N. Rapace, visualizzato da quasi 4,5 milioni di fans. Prima di addentrarci nei meandri di questo nuovo capitolo, un po’ di storia. Era il lontano 1979 quando uscì il film Alien (Ridley Scott). Da quel giorno la fantascienza cinematografica sarebbe stata completamente rivoluzionata. La gestazione però, iniziò qualche anno prima. Nel 1975 lo sceneggiatore Dan O’Bannon, allora studente di cinema, ispirandosi ad un B-movie del 1950 (Il mostro dell’astronave di Edward L. Cahn), iniziò a scriverne il testo che tra l’altro, è simile al racconto Discord in Scarlet che il famoso scrittore di fantascienza A. E. Van Vogt scrisse nel ’39 e che più tardi (1950) inserì in un suo romanzo.
Lo scrittore, all’uscita del film, si vide costretto a intentare causa contro la produzione, la questione finì in tribunale e fu risolta economicamente. Inoltre alcune idee sono per lo più simili all’italianissimo Terrore nello spazio diretto da Mario Bava nel 1965. Comunque questo non ha influito minimamente sulla fortuna del film da cui ne è nata una delle saghe più apprezzate sia dalla critica che dal pubblico, anche se i pochi passi falsi non mancano. Quindi dopo il capostipite sono usciti, i vari Aliens Scontro finale (1986), per la regia di J. Cameron, ambientato sul pianeta LV-426 (per gli americani 426 è il 26 aprile giorno dell’Alien Day) e che per lo stesso regista di Avatar sarebbe «un’allegoria alla guerra in Vietnam: i marines non hanno nessuna possibilità di uscirne vivi» (Kudos, Rai4 pt. 1 del 08/05/17); Alien3 (D. Fincher, 1992) ambientato su Fiorina Fury 161 in un carcere di massima sicurezza con tutti i detenuti aventi il doppio cromosoma “Y” (Sindrome di Jacobs) che contraddistinguerebbe i serial killer più violenti e Alien – La clonazione (JP. Jeunet, 1997), dove il Tenente Ellen Ripley/S. Weaver viene clonata nel corso di un esperimento condotto su una nave militare.
Poi, dopo molti anni di silenzio da parte di R. Scott, arrivò l’annuncio che lo stesso stava per dare nuovo vigore al franchise in quanto voleva realizzare alcuni prequel del suo Alien primigenio e difatti il 2012 vide l’uscita di Prometheus, ambientato nel 2093 sulla Luna LV-223. Dopo aver scoperto una mappa inserita in un messaggio paleostronautico antico di 35.000 anni, in una caverna, la protagonista, la dottoressa E. Shaw/N. Rapace, parte alla ricerca dei Creatori (gli Ingegneri), ma logicamente nulla andrà per il verso giusto. Nel film l’altro protagonista è l’androide David (in tutta la saga, gli androidi sono uno dei temi classici della FS), che ritroviamo anche in Covenant, ma con il nome di Walter (entrambi interpretati dall’attore M. Fassbender) che segue precisamente gli ordini ricevuti dall’ormai famosa Weyland Industries, la famigerata Compagnia che fin dagli esordi incombe come un’ombra malefica. «Cambiata rotta Nostromo a nuove coordinate per investigare forma vita. Raccogliere esemplare. Precedenza assoluta. Assicurare ritorno organismo per analisi. Qualsiasi altra considerazione secondaria. Equipaggio sacrificabile». A parlare è la metallica voce del computer di bordo della Nostromo, Mother nel primo Alien e se vogliamo è questo il trait d’union che in un certo senso è applicabile all’intera epopea spaziale. In pratica, nella citazione è implicito il volere della Compagnia: assicurarsi senza condizioni un esemplare della razza aliena (lo xenomorfo, ideato da H. R. Giger, artista svizzero, ma animato da Carlo Rambaldi, Oscar 1980), una sorta di parassita che germina all’interno del corpo umano venendo alla luce in modo spaventoso, cioè squarciando il petto del malcapitato, e che, sempre secondo gli oscuri intenti della Weyland, sarebbe il più potente candidato per il settore armi biologiche.
Ma, contravvenendo ad un altro degli stereotipi della science fiction, gli autori che via via si sono susseguiti prima di arrivare a Prometheus e Covenant (dove le cose sono un po’ cambiate), non c’è il protagonista maschile pronto a salvare la fragile donzella dalle grinfie del mostro, ma è proprio la donzella che armata di tutto punto contrasta la violenza dell’orribile specie aliena. Molto è stato detto sul significato dello scontro, non solo a livello fisico, tra la bestia -l’alieno- e la bella. Persino giungendo a contaminazioni Freudiane, nonché sessuali (in effetti sia l’alieno che le astronavi rimando indubbiamente a tale concetto) e, con un po’ d’azzardo, anche a velate significazioni biblico-cattoliche. Questo non tanto per alcuni termini o nomi usati, come ad esempio Mother (Madre), Bishop (Vescovo), Diacono (l’ultimo nato in Prometheus), David e appunto Covenant (Alleanza), ma proprio nel rapporto tra la donna e lo xenomorfo. Facile quindi pensare alla famosa “inimicizia” tra la donna e la sua stirpe e il serpente (il mostro alieno ha fattezze rettiloidi) e la sua stirpe. L’odio che appunto inizia con Alien e il suo seguito dove Ellen Ripley, da sola combatte l’alieno arrivando in Aliens ad uccidere, in un feroce corpo a corpo, la regina, colei che depone le uova. Se in Alien3 e in La Clonazione, la musica inizia a cambiare, la vera svolta si ha prima in Prometheus e poi in Covenant. Qui le eroine sono prima scienziate, in Covenant Daniels/K. Waterstone è esperta in terraformazione, poi costrette a tirare fuori le unghie per contrastare la minaccia aliena. A combattere però non solo con il fisico e la testa, caratteristiche queste più adatte ai vari androidi (la forza fisica) e le loro teste (l’intelligenza) e nei vari film ci sono diverse teste parlanti, ma anche e soprattutto con l’anima che alla fine è l’unica peculiarità, per quanto ne possiamo sapere fino a questo momento, che contraddistingue l’essere umano nei confronti di tutti gli esseri artificiali da esso creati e dagli alieni o, al meno, secondo l’ufologia, da quelli con fattezze xeno. E veniamo alla visione di Covenant.
L’opera di Scott, pur essendo valida a livello cinematografico, inteso come tecnica pura, non mi ha intrigato più di tanto, come non mi ha particolarmente colpito. Inizio molto lento, con il dialogo di presentazione tra Weyland e David, in cui si filosofeggia sull’arte, sulla creazione e il non poter rispondere alla domanda di tutte le domande: l’uomo ha creato l’androide, rispetto a questi, molto più longevo, ma chi ha creato l’uomo? I Creatori (come detto in Prometheus), e chi ha creato i Creatori? Poi si passa sull’astronave che per un brillamento solare, con diverse perdite da parte dell’equipaggio, in parte svegliato dal sonno criogenico, è costretta a deviare dalla rotta primaria, il pianeta Origae 6, e optare per un’altra mèta molto più vicina e inspiegabilmente sfuggita (altra subdola manovra della Compagnia?). Quello che dovrebbe essere un paradiso, a questo punto una sorta di Terra 3,  si rivela un vero inferno, sebbene il paesaggio sia suggestivo, rigoglioso, pare sia completamente privo di fauna, nessun animale, silenzio assoluto: la quiete prima della tempesta.
Il virus letale trova subito  strada; qui c’è la prima incongruenza, sebbene il pianeta risulti perfettamente abitabile è poco definire rischioso il non utilizzo di tute protettive e caschi, il primo sbarcato viene subito contaminato e, portato in fretta sulla navetta, mostra i primi violenti sintomi e lo xenomorfo, cambiando strada, esce dalla sua schiena, in un tripudio splatter. Ma quello che colpisce è l’orrore e la violenza spaventosamente inaudite del nuovo esemplare di U.L.F. (Unidentified Life Form), in tutte le sue uccisioni. I superstiti scampati miracolosamente ai ripetuti attacchi grazie all’intervento di David (l’andriode di Prometheus) che così incontra il fratello Walter, una sorta di Nemesi per quest’ultimo. David racconta la storia sua e della Dottoressa Shaw, ma mentendo dice che questa è morta, in realtà, come tutti gli animali del pianeta, è servita per i suoi folli esperimenti, e quindi a raggiungere il pianeta dei creatori è stato solo l’androide che, come si vede nel flashback, fa cadere il virus alieno sugli abitanti del pianeta sterminandoli rapidamente. Nel dialogo tra i due androidi David insegna a suonare il flauto a Walter e, altro errore, c’è da chiedersi dove trovino il fiato visto che loro non respirano! Intanto l’alieno continua a mietere vittime con una ferocia mai vista e solo tre degli sbarcati, di cui uno contaminato, riescono a raggiungere la navetta di soccorso. Il resto è già visto, come prassi, tocca a Daniels, l’esperta in terraformazione affrontare per ultima lo xenomorfo con l’aiuto di Walter che invece alla fine si dimostra essere David. Solo due gli elementi sui quali poter riflettere.
Il primo è, il particolare marchio della Covenant, molto simile al disco solare alato, adorato dai sumeri e visibile in molti loro bassorilievi e quasi identico ad un cerchio nel grano apparso in Inghilterra. Cosa ha voluto dirci in questo caso Scott? Appena sbarcati sul pianeta, gli astronauti trovano un campo di grano: possibilità di trovare una coltivazione umana pari a zero. Ma la vera domanda è chi l’ha coltivato? Qui gli interrogativi sono tanti, gli studiosi ancora si dibattono su come sia nata l’agricoltura, il grano non nasce spontaneo, anzi per la verità non dovrebbe nemmeno esistere, visto che, per la scienza, come rivelano recenti studi, si tratta di un vero “mostro” biologico, un organismo geneticamente modificato. Ma modificato da chi? La nascita dell’agricoltura è solo una scoperta, un’invenzione dell’uomo primitivo o l’ennesimo dono degli Dei dell’antichità? Il film si conclude con Walter che mette a dormire Daniels, ma questa all’ultimo istante si accorge che in realtà si tratta di David il quale, dopo aver tirato un sospiro di sollievo (altro errore), al suono dell’Entrata degli Dèi nel Walhalla (R. Wagner), entra come un vero Dio nella sezione adibita alla conservazione degli embrioni umani e rigurgita due capsule contenenti però embrioni alieni. Il viaggio e la ricerca delle nostre origini continua…

Per saperne di più:
Recensione sul prossimo numero di XTimes

Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Alien
https://it.wikiquote.org/wiki/Alien
http://movieplayer.it/film/alien_387/curiosita/
https://it.wikipedia.org/wiki/Alien_(franchise)
http://movieplayer.it/articoli/alien-covenant-il-nostro-commento-alle-scene-viste-in-anteprima_17056/
https://it.wikipedia.org/wiki/Alien:_Covenant
http://www.mymovies.it/film/2017/aliencovenant/
http://cinema.everyeye.it/articoli/recensione-alien-covenant-terrore-arriva-dallo-spazio-33333.html
https://www.comingsoon.it/film/alien-covenant/50451/recensione/
http://movieplayer.it/articoli/alien-covenant-la-nostra-recensione-del-film-di-ridley-scott_17453/
http://www.mondofox.it/2017/05/08/alien-covenant-la-recensione-spoiler-free-dallo-spazio-senza-orrore/
http://www.cinematografo.it/recensioni/alien-covenant/
http://movieplayer.it/articoli/alien-10-cose-che-forse-non-sapete-sul-franchise-fantahorror_16102/
https://it.wikipedia.org/wiki/Alien%C2%B3
https://it.wikipedia.org/wiki/Aliens_-_Scontro_finale
https://it.wikipedia.org/wiki/Alien_-_La_clonazione
http://aforismi.meglio.it/frasi-film.htm?n=Alien
https://it.wikipedia.org/wiki/Xenomorfo
http://www.fumettologica.it/2017/05/alien-covenant-recensione/

Life: vita o morte?

In principio fu il mitico Alien (R. Scott, 1979) con lo xenomorfo che, in una delle scene più terrorizzanti della storia del cinema, veniva al mondo squarciando il petto del compianto John Hurt, morto solo pochi mesi fa. Life, Il thriller fantascientifico del regista svedese di origine cilena Daniel Espinosa, con sottotitolo “Non oltrepassare il limite”, ha infatti molte similitudini con il capolavoro del regista di Blade Runner.
Il film di Espinosa inizia con un magnifico piano-sequenza e, mentre il pianeta sotto dorme tranquillo, una nuova alba illumina con una vivida luce l’International Space Station.
La missione è quella di recuperare un modulo di ricerca di ritorno da Marte: «il primo modulo della storia a tornare dal pianeta». A bordo, tra gli altri reperti c’è, però, la «prima incontrovertibile prova di vita oltre la Terra». Un organismo unicellulare che risulta essere anche gradevole alla vista, ma già in grado di fornire una prima risposta, un essere con base carbonio, tutto muscoli, centri nervosi (cervello) e occhi.
Stimolato prima con ossigeno, la sua primaria fonte di nutrimento, poi con glucosio, infine con deboli scariche elettriche, l’organismo si risveglia dal suo lungo sonno e inizia a crescere, a svilupparsi, a reagire subito violentemente con i sei membri dell’equipaggio; l’alieno è resistente al vuoto cosmico, come alle alte temperature e, proprio come Alien (ma all’inizio più somigliante al facehugger), difficile da uccidere. E la stazione spaziale dapprima asettica, come la Discovery di 2001, inizia ad assomigliare sempre più alla Nostromo, il buio antro dentro cui il male risiede. Passata l’euforia della scoperta, con tutto il mondo sotto a festeggiare, l’adrenalina inizia a scorrere nelle vene dei protagonisti, ma non troppo nello spettatore abituato ed avvezzo a simili visioni (un plauso agli ottimi effetti speciali e al sinuoso design della creatura), gli astronauti cadono, di conseguenza, uno ad uno, in modalità più o meno già viste e dove lo spargimento di sangue non è da film splatter, infatti, in assenza di gravità, esso fuoriesce dal corpo della prima vittima, a piccole bolle che si spargono nella capsula. Il film ripercorre i classici stereotipi della fantascienza, ciò confermato dallo stesso regista che in un’intervista (che potete vedere qui), afferma: «Per me si tratta di rimanere fedeli alla tua anima… con questo film abbiamo avuto un’opportunità incredibile di fare qualcosa che segue le regole del genere ma allo stesso tempo fa evolvere i personaggi… e questo perchè, credo, i buoni film di fantascienza lavorano ad un livello sotterraneo e soprattutto nel conflitto tra i personaggi. La storia è il veicolo…». Infatti il film, lavora proprio in questo senso e veicola concetti che arrivano fino in fondo all’anima. E questa non è un’iperbole.
Non farò spoiler sul finale, che potrebbe sembrare scontato leggendone la sceneggiatura, ma non lo è quindi, aspettatevi il colpo di scena; quello che voglio fare è cercare di entrare, non nei meandri dell’astronave per scovare l’alieno, ma appunto, dentro noi stessi. Con le solite domande, in grado di instillare dubbi, non certezze, di sgretolare il muro della ragione, andando oltre le convenzioni, le consuetudini, che risultano essere ormai, terreno fertile per facili e sbrigative considerazioni. A partire già dal titolo. L’essere umano, ma possiamo benissimo considerare l’intera razza umana tende appunto ad “umanizzare” concetti che tali non sono. Come un ricordo atavico, ancestrale, per dormire sonni tranquilli, l’uomo riduce tutto alla condizione umana, riuscendo spesso a controvertire, il significato di idee e concetti che, invece dovrebbero stimolarlo a crescere. Di conseguenza il titolo Life è quanto meno fuorviante. Il nostro pianeta dovrebbe chiamarsi Acqua, non Terra; all’alieno, per renderlo più familiare bisogna necessariamente dargli un nome, qualunque esso sia, non ha importanza, esso non odia, siamo noi che, per paura odiamo, e Life, proprio non significa vita, ma morte perché, come afferma uno degli astronauti: «la vita è distruzione». Ed è proprio qui che viene superato il limite, attendiamo con autentico fervore il giorno in cui capiremo di non essere soli: «E se il primo contatto sarà il nostro più grande errore?».

Il Prof. Milton Wainwright e un organismo alieno

Nel film la creatura aliena arriva con un passaggio, ma se non ce ne fosse bisogno? Alcuni organismi possono vagare anche per eoni nel vuoto cosmico, prima di trovare un pianeta a loro adatto? Fantascienza a parte, in realtà è già successo? Nel 2015 il prof. Milton Wainwright, ricercatore dell’Università di Sheffield (UK), ha affermato in un’intervista che sono stati scoperti organismi alieni nella Stratosfera (a soli 30 km dalla superficie terrestre). Il film Life, si basa forse su tale scoperta? Gli organismi sono stati rilevati con l’ausilio di una sonda e risultano essere costituiti da carbonio, azoto ed ossigeno, tutti elementi che, guarda caso, sono citati ampiamente nel film e che come ormai tutti sappiamo essere i mattoni base di quella che viene considerata vita. Sebbene lo scienziato sia stato ampiamente criticato, ma c’era da aspettarselo, da tutti i suoi colleghi, lo studio venne in un primo momento anche pubblicato sul Journal of Cosmology. Il professore tentò a suo tempo di coinvolgere la Nasa per confermare le sue ricerche, ma capì che non era questa l’intenzione dell’Ente Spaziale americano che, e poteva essere altrimenti, ha occultato tutto facendo sparire i documenti relativi. Questa in sintesi la storia che potete leggere per esteso andando al link presente nelle fonti e qui si conclude anche questo post. Tornando per un attimo all’opera del regista cileno-svedese, il film mostra in pratica la fragilità del nostro pianeta, la mancanza completa di umiltà del genere umano rispetto a tali concetti e di una civiltà refrattaria, piena di contraddizioni, che vive totalmente all’oscuro di quanto accade sopra di essa.
Di questo passo il nostro destino è già segnato e ciò si evince dalla mancanza di speranza insita nell’ultimo messaggio registrato dalla comandante della missione, più o meno simile a quello lanciato da Ripley; ma preferisco chiudere con quello che dà il senso di un epitaffio scritto sulla lapide del nostro mondo, una nenia per bambini ma dal forte retrogusto amaro ed inquietante, la filastrocca che potete però ascoltare completa solo nel trailer: «Buonanotte Luna, buonanotte piuma, buonanotte mucca che salti sulla Luna, buonanotte luce sei una grande fortuna, buonanotte stelle, buonanotte aria, buonanotte suono che ogni notte varia».

Nota:
Tutte le citazioni sono tratte dal film.

Fonti:
https://www.comingsoon.it/film/life-non-oltrepassare-il-limite/53584/recensione/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/life-non-oltrepassare-il-limite-una-creatura-aliena-tutta-muscoli-e-tutta/n65285/
http://www.mymovies.it/film/2017/life/
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/cinema/2017/03/22/life-torna-la-paura-di-alien-ed-e-2.0_af210a4f-832f-43b6-b032-c4f7177de283.html
http://www.segnidalcielo.it/organismi-alieni-scoperti-nella-stratosfera-i-documenti-vengono-occultati-dalla-nasa/

Immagine: elaborazione grafica di Giuseppe Nardoianni con frames tratti dal filmato youtube.

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