Uno degli appuntamenti fissi nella (mia) settimana Santa è vedere il film di Mel Gibson “La Passione di Cristo” e partecipare alla Via Crucis organizzata dai giovani della parrocchia.
Qualcuno potrebbe storcere il naso confrontando le due opere, eppure…
Certo, nella versione nostrana, la Maddalena non è la Bellucci, la moglie di Pilato, non è Claudia Gerini e il buon ladrone non è Sergio Rubini, solo per citare alcuni attori italiani, bravissimi, presenti nel colossal campione d’incassi e la location scelta dai ragazzi, seppur tra strade strette ed in salita non è paragonabile agli splendidi e spettacolari scenari offerti dai sassi di Matera.
Ma, parafrasando il titolo del famoso film, la “passione” degli organizzatori, dei giovani attori, in particolare del centurione romano e del Cristo, completamente calati nella parte, hanno reso il tutto più reale e richiamando di anno in anno sempre più fedeli a formare una piccola folla che, come 2000 anni fa, accompagnò Gesù nel suo Calvario.
Mentre si procedeva lungo le “stazioni” la partecipazione si faceva sempre più intensa fino allo struggente e commovente atto finale: la morte e resurrezione di Cristo.
Quando Gesù, dopo aver pronunciato la famosa frase in aramaico, ha chinato il capo esalando l’ultimo respiro, il suo corpo illuminato dalla vivida luce delle torce, gli effetti in sottofondo del vento e della pioggia che sferzarono il piccolo masso del Golgota, un silenzio, quasi irreale, ma intenso, è calato sulla scena: per un attimo è sembrato che tutta la natura si fosse fermata e in quell’istante una nube nera ha coperto la livida luce della Luna.
Bellissimi anche i testi letti durante il tragitto, il ricordo dei tragici fatti di cronaca che hanno ancora una volta ribadito l’abbruttimento dell’essere umano e il ricordo della recente tragedia in Abruzzo, hanno comunque lasciato un filo di speranza: che la morte quando busserà alla nostra porta non ci trovi già morti…
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